Il complesso religioso intitolato alla Madonna del Carmine si trova nella periferia meridionale di Mogoro. Il convento secentesco si impone, con la sua mole, all'attenzione dell'osservatore, ma è la chiesa adiacente il nucleo più interessante dell'antico insediamento carmelitano.
Le calde tonalità paglierine della pietra arenaria conferiscono al monumento cangianti vibrazioni. Sono visioni suggestive, non corrispondenti all'immagine antica, dovute alla rimozione degli intonaci e dei cromatismi originali. Architettura di transizione, tra le culture romanica e gotica, il piccolo monumento seppe fondere le caratteristiche strutturali della prima con le avanguardie figurative della seconda. Il linguaggio gotico è un campionario di forme ed elementi scultorei di derivazione italiana, senza concrete innovazioni di ordine costruttivo. Ciò è evidente nella risagomatura esterna dell'abside romanica, secondo il modello quadrangolare dei presbiteri gotici; operazione non corrisposta all'interno della chiesa.
Esili lesene scanalate ritmano i tre lati liberi della chiesa; il quarto è condiviso, verso meridione, con il convento secentesco. Il fronte principale è suddiviso in due ordini: il portale, sormontato da una lunetta semicircolare di foggia romanica, è l'unico elemento significativo del registro inferiore; il secondo livello corrisponde al grande timpano triangolare. I due ordini sono separati da una cornice orizzontale interrotta, centralmente, da un'elegante bifora. La maturità dei decoratori è testimoniata dal sapiente gioco compositivo tra la bifora e la cornice: i ricorsi modanati non avvolgono l'apertura, ma ripiegano verso il basso, per interrompersi poco dopo. La trama logica e grafica è riannodata dal sopracciglio teso attorno alla bifora, sorretto da peducci staccati dalla cornice. Ricorsi fantasiosi, intrecci, modanature classiche e ovoli ellittici impreziosiscono il profilo superiore del timpano e la stessa cornice. Sotto questi motivi, una sequenza di ogive pensili trilobate, poggianti su peducci di varia forma, è l'elemento caratteristico dell'intero programma decorativo. Qua e là, lungo la facciata, e nei capitelli d'imposta delle lunette sono incastonati brani scultorei, nei quali si sbizzarrì la fantasia espressiva degli artefici. Oggi, l'interpretazione delle figure è compromessa dal deterioramento della pietra arenaria.
Il secondo portale, racchiuso da paraste scanalate, si apre al centro del fronte settentrionale. A differenza dell'accesso principale, è sormontato da un'ogiva, possibile segnale di una datazione più tarda. Lungo il profilo orizzontale di copertura, torna il tema degli archetti trilobati, in continuità con il fronte su piazza. Nelle specchiature delimitate dalle paraste scanalate, si aprono quattro monofore. Il canovaccio decorativo si interrompe nel lato settentrionale dove non compaiono paraste; l'abside quadrilatera, sulla quale campeggia una monofora, è l'unico elemento singolare; lungo il profilo superiore prosegue la teoria degli archetti pensili trilobati.
L'interno della chiesa è a navata unica, coperta con tetto ligneo, culminante nel presbiterio semicircolare.
Concepita da un esperto progettista, la chiesa mogorese trova diretti confronti nel panorama architettonico sardo del '300. Il linguaggio ibrido, romanico-gotico, e la tipologia di alcuni elementi decorativi richiamano la vicina chiesa di san Gregorio a Sardara. Il santuario di nostra Signora di Valverde, ad Iglesias, è un paragone calzante per la grande bifora del fronte principale e per la sequenza di architetti pensili trilobati. Nella chiesa sulcitana, tuttavia, la raffinatezza decorativa appare modesta ed acerba, tanto da indicare il monumento mogorese quale primitivo modello di riferimento.