Le Famiglie nobiliari

Home contiene Le Famiglie nobiliari contiene Nobiltà in Sardegna

La Nobiltà in Sardegna

Le origini della nobiltà sarda sono diverse rispetto a quelle degli altri stati italiani pre-unitari, dove esistono patriziati e nobiltà civiche.

In Sardegna, infatti, i titoli nobiliari sono concessi direttamente dal sovrano per riconoscenza del merito personale o degli antenati.
I sovrani catalano-aragonesi non usano molti titoli nobiliari. Sono concessi i titoli di signore o barone, visconte e più raramente conte.
Con la presa di possesso del Regno di Sardegna, il primo titolo comitale concesso è quello di conte di Quirra a Berengario II Carroz, prezioso aiuto nella spedizione di conquista. La nobiltà feudale nasce proprio con la conquista catalano-aragonese e l’infeudazione alle famiglie alleate del sovrano.
Nell’età spagnola i titoli sono concessi soprattutto come riconoscimento di meriti militari. In epoca sabauda sono valutati anche i meriti in campo agricolo, economico e scientifico.
Uno dei più antichi privilegi è il diploma di Generosità, un riconoscimento concesso nei secoli iniziali del Regno di Sardegna che premia la «generosità di sangue» dell’investito per il particolare legame militare con il sovrano. È concesso a diverse famiglie del settentrione dell’Isola che si impegnano attivamente nella conquista dei territori da sottrarre alle potenti famiglie genovesi. Si trasferisce su tutta la famiglia e sui discendenti, comprendendo i diritti, le esenzioni, le franchigie e la concessione dello stemma.
Dal XVI secolo sono concessi soprattutto i privilegi di cavalierato e di nobiltà.
Il titolo di Cavaliere può essere concesso ad personam, e si estingue con la morte dell’individuo creato cavaliere, oppure, come avviene nella maggior parte delle concessioni, può essere ereditario. In questo secondo caso, il titolo di Cavaliere si trasferisce ai tutti i figli maschi dell’investito.
La Nobiltà Sarda è, in ordine di tempo, l’ultimo dei privilegi introdotti in Sardegna. Si accompagna solitamente al titolo di Cavaliere Ereditario, concedendo il diritto ai figli del primo investito, maschi e femmine, di essere qualificati con l’appellativo di Nobile Don e Nobile Donna.
I principali privilegi derivanti dal titolo di Nobile sono l’esenzione dalla giustizia feudale, civile e criminale, essendo giudicati dalla magistratura regia, la partecipazione allo stamento militare, la possibilità di girare armati e l’esenzione dai diritti feudali con l’eccezione del solo donativo.
Nel Parte Montis si sviluppa soprattutto questo tipo di nobiltà. Attraverso incarichi pubblici ed ecclesiastici, e accurate strategie matrimoniali, alcune famiglie accumulano discreti patrimoni fondiari. La gestione di grandi aziende agricole viene condotta con criteri moderni, utilizzando come forza lavoro i braccianti e le massaie dei villaggi.
Nel 1806 il sovrano sabaudo Vittorio Emanuele I pubblica «l’Editto degli ulivi», che promette la concessione del titolo nobiliare a coloro che piantano o innestano almeno quattromila ulivi, fermo restando i requisiti necessari per l’acquisizione della nobiltà. I beneficiari di queste concessioni sono solo poche famiglie.
Carlo Felice, nel 1823, emana un altro editto con cui concede il titolo nobiliare personale ad alcune categorie di docenti universitari e a coloro che istituiscono borse di studio per l’accesso ai due collegi di educazione di Cagliari e di Sassari.
Con l’unità d’Italia e la soppressione dei diversi ordinamenti feudali, la materia nobiliare è affidata alla Consulta Araldica, creata nel 1869.
La Costituzione repubblicana non riconosce i titoli nobiliari, che restano come predicato del nome, e sopprime la Consulta Araldica, della quale ci resta un prezioso archivio.

 

Vai su