L’origine dei Giudicati resta ancora avvolta nel mistero. Tutte le ricerche portano a pensare che la loro istituzione risalga al periodo bizantino. Successivamente i quattro giudicati si sarebbero resi indipendenti.
Nel basso Medioevo i Giudicati di Cagliari, Arborea, Torres e Gallura entrano in rapporti di amicizia e di alleanza con i potenti e invadenti comuni di Pisa e Genova, per esserne progressivamente espropriati del potere territoriale, con l’eccezione del Giudicato d’Arborea.
Il giudice detiene il controllo delle terre demaniali (rennu), che sono concesse spesso a parenti o sodali con la formula della secatura de rennu («stralcio» dal demanio). Il giudice è assistito nel suo governo, e specialmente nell’esercizio della giurisdizione, dalla Corona de Logu, composta dai maiorales.
Per il governo del territorio si avvale dei curatores, ufficiali che presiedono alle curatorias, le suddivisioni amministrative del giudicato, e dei maiores de scolca, che presiedono ad ambiti territoriali meno vasti, le scolcas, costituite talora da tre-quattro piccoli villaggi. Successivamente questo secondo funzionario è sostituito dal maiore de villa.
La struttura politico-amministrativa dei giudicati è il riflesso di una società fortemente improntata ai poteri fondiari dei donnos, una élite signorile che trae la sua ricchezza dalla proprietà e gestione di grandi aziende agricole, avvalendosi del lavoro di servi. Questa aristocrazia dei donnos, parte laica, parte ecclesiastica, ha origini oscure almeno quanto quella dei giudici, ma è verosimile pensare che la sua formazione ascenda al periodo bizantino, quando deteneva uffici militari e civili, che si sono trasmessi all’età giudicale. Alcune di queste famiglie, come i de Athen, i de Serra, i de Thori, possiedono talora migliaia di ettari di terra e sono quasi sempre imparentate con le dinastie dei giudici, il cui ceppo originario sembra essere quello dei Lacon-Gunale.
Anche la Chiesa possiede grandi estensioni fondiarie, in particolare con le aziende agricole legate ai conventi e alle abazie. Sul territorio, tra Uras e Masullas, troviamo ancora i resti dell’importane abbazia vallombrosiana di San Michele di Thamis.