Con l’eclissi dei Giudicati e l’arrivo dei Catalano-Aragonesi, la mappa dei poteri giurisdizionali e fondiari subisce uno stravolgimento a causa delle infeudazioni.
Nel tentativo di presa di possesso del Regno di Sardegna, i sovrani aragonesi concedono decine di feudi a coloro che partecipano e finanziano le spedizioni militari.
Queste concessioni sono fatte secundum mos Italiae, condizione che, alla morte del concessionario, riporta il feudo nelle mani del sovrano. Le famiglie feudali più importanti in questa fase sono prevalentemente militari: Boixadors, Oulemar, De Llors, Ballester, Carroç. Troviamo anche alcune famiglie sarde, come gli Atzeni, i Gambella, i Marongiu, e italiche come i Doria, i Malaspina e i Donoratico. Nel 1355 con la convocazione del Parlamento, da parte di Pietro il Cerimonioso, la nuova nobiltà sardo-catalana ha la sua piena legittimazione. La transizione tra la vecchia élite sarda, pisana e genovese, con quella di origine catalana, aragonese e valenzana è forte ma non radicale.
Dopo le vittorie del 1409 nella battaglia di Sanluri, contro il visconte di Narbona, ultimo giudice d’Arborea, e del 1478 nella battaglia di Macomer, contro l’ultimo ribelle Leonardo Alagon, marchese di Oristano, il Regno di Sardegna passa definitivamente sotto il controllo dei sovrani iberici, e dal 1479 fa parte della confederazione dei regni spagnoli.
Dalla fine del XV secolo emergono due tendenze: da una parte la pressione da parte della feudalità isolana al consolidamento dell’istituto parlamentare per ottenere maggiori privilegi e titolature nobiliari; dall’altra un processo di concentrazione che porta, ad esempio, al controllo da parte di tre grandi feudatari (duca di Mandas, conte di Quirra e Conte di Oliva) di quasi la metà del territorio sardo. Tuttavia questi grandi feudatari preferiscono stare in territorio iberico, vicino alla corte reale, e far amministrare i propri feudi ai podatari, con funzioni ampiamente delegate.