Le Famiglie nobiliari

Sanna

La famiglia Sanna di Mogoro ha origini risalenti al XVI secolo, quando sono legati ad alcune cariche amministrative del Marchesato di Quirra. Tradizionalmente sono notai e ricoprono diversi uffici pubblici. Si sistemano a Mogoro e nel Parte Montis all’inizio del XVI secolo.

Tra i personaggi di rilievo sono ricordati Baldirio, che nel 1577 viene nominato major della villa spopolata di Bonorcili, e Antioco, nominato nel 1592 major della villa di Mogoro. Il figlio di Antioco, Giovanni Antonio, è procuratore della chiesa di Mogoro, e suo figlio Bernardino diventa un affermato notaio che mette insieme un notevole patrimonio. I figli di Bernardino, Francesco Antonio e Giovanni Battista, percorrono la carriera amministrativa negli uffici del Marchesato di Quirra. Il primo ricopre, tra il 1684 e il 1705, la carica di Ufficiale di Parte Montis; il secondo, residente a Cagliari, è segretario della curia major del Marchesato di Quirra. La sua discendenza si estingue nel 1790, con il nipote omonimo, celebre predicatore gesuita, e Nicolò, sacerdote, entrambi figli di Antonio Ignazio, anch’esso Segretario Generale della Curia.
Tra i figli di Francesco Antonio emerge Giovanni Battista, notaio e Segretario Generale del Marchesato di Quirra nel 1717. Suo figlio Bernardino diventa sindaco di Mogoro nel 1736, ed ha tre figli: Cecilia, Giovanni Battista, sacerdote, e Antonio Vincenzo, che inizia la dinastia dei Sanna Borro, sposando, nel 1791 a Senorbì, donna Maria Piras Paderi. Nel 1796 come capitano della cavalleria miliziana, interviene in aiuto del governo a Oristano, durante i moti angioiani. Nel 1806 a Terralba, in servizio di pattugliamento delle coste, evita lo sbarco di una poderosa flotta turca. Nel 1814 ottiene il cavalierato ereditario e la nobiltà, assieme al privilegio di utilizzare le armi gentilizie.
La discendenza è portata avanti dai suoi due figli: Giovanni Battista, che inizia il ramo residente a Mogoro estintosi nel 1916 con la morte del figlio Antonio, e Efisio, che si trasferisce a Cagliari. Le figlie nubili Giuseppa e Luigia ereditano i possedimenti di Masullas, Siris, Pompu, Morgongiori e Gonnostramatza: successivamente si sposano rispettivamente con don Nicolò Salis e con l’avvocato Priamo Murgia Garau originario di Villamar. Le altre figlie Maria Annica, Cinzia Raimonda e Cecilia si sposano con don Antonio Diana Orrù di San Gavino, don Paolo Diana Diana di Forru e don Giovannico Sulis di Muravera.
Don Efisio Sanna Borro imita la carriera paterna sotto le armi, diventando capitano del battaglione miliziano di Ales. La sua residenza principale è ancora a Mogoro nel complesso di case ereditate dal padre nel rione Su Scarajoni, ma dimora spesso anche a Cagliari, nel Palazzo Borro, situato tra le attuali via Lamarmora e via dei Genovesi, e a Genoni, paese natale di sua moglie Donna Marianna Porqueddu Lay.
I figli di Efisio aprono tre rami della famiglia: Efisio che si sposa con una cugina donna Efisia Sulis Sanna e si trasferisce a Muravera, Vincenzo che continua la discendenza dei Sanna Borro sposando la figlia del Sovrintendente alla Sanità della Sardegna, Antonietta Mancosu Zedda, e Raffaele (ufficiale dei Carabinieri) che sposa Grazia Randaccio, dando inizio alla dinastia dei Sanna Randaccio.
Dal ramo Sanna Borro emergono le figure di Efisio, magistrato, Giuseppe, docente di chimica all’università e promotore dell’industria del gas in Sardegna, Raffaele, ingegnere, e Carlo, sindaco di Mogoro e amministratore dell’azienda agricola di famiglia.
Nel ramo Sanna Randaccio ritroviamo Giuseppe, uomo politico liberale molto vicino alla figura di Francesco Cocco Ortu e padre di Raffaele (senatore e consigliere regionale promotore ed estensore dello Statuto Autonomistico), Francesco, avvocato e padre di Antonio (ammiraglio della Marina Militare Italiana), Vincenzo, medico a Iglesias, e Efisio che si stabilisce a Genoni.

ARMA: una campagna colorata di verde caricata nel mezzo di un albero di ghianda al naturale fruttifero fasciato da muro rustico spaccato nell’angolo destro e continuato nel sinistro da un cancello di legno, e al piede dell’albero un cinghiale ritto di profilo e vivo al naturale.

 

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